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BASTARDI A CENA - UN'INTOSSICAZIONE TEATRALE diretta da Marco Tringali
La Storia è maestra di vita, recita un vecchio adagio.
Anche quando è una storia di morte.
Perché
insegna, o almeno dovrebbe farlo, che determinate strade non andrebbero
più percorse e certe scelte non andrebbero più fatte. Ma lo Spettro è
sempre dietro l’angolo, soprattutto dove non te lo aspetti: ecco perché
la memoria è importante, ed ecco il motivo per cui la lezione della
Storia va tenuta presente.
Nel nostro caso, cerchiamo di
tenerla viva attraverso la rappresentazione, l’immagine reale e vivida
di vicende che non restano, purtroppo, isolate in uno spazio e in un
tempo limitati ma diventano metafora di una Ingiustizia Assoluta che si
nasconde dietro molti percorsi umani.
Rappresentare
l’Ingiustizia forse non permette di sconfiggerla ma sicuramente dà un
contributo significativo in tal senso, non fosse altro che per la
considerazione della conoscenza come consapevolezza: e nessuno può
trovare una cura se prima non si conosce la malattia e, soprattutto, non
si ammette di esserne affetti.
Non basta, allora, in tal
senso, rappresentare una vicenda: occorre coinvolgere totalmente chi la
osserva. E’ questa la sfida affrontata dal regista e dagli attori della
compagnia del Teatro degli Specchi di Catania, complice uno spazio
assolutamente peculiare che apre il fronte della scena a 360 gradi:
l’area del dramma si dilata fino ad inghiottire gli spettatori, non
necessariamente seduti e ordinati, abbattendo definitivamente la
certezza della “quarta parete”.
E, con essa, forse, anche le certezze del pubblico inteso in senso tradizionale.
Quasi
senza accorgersene, infatti, lo spettatore si troverà, senza
riconoscerli, in mezzo ad attori che si sveleranno e non si sveleranno,
fantasmi di un altro mondo che si manifesta sempre più inesorabile, e da
essi verrà trasportato attraverso un percorso emotivo che diventa un
vero e proprio viaggio nel tempo: partendo da un “non luogo” privo di
coordinate spazio-temporali, dove verrà celebrato un rituale della
memoria inizialmente arcano ma improvvisamente svelato, il pubblico
porterà inconsapevolmente indietro le lancette del proprio orologio fino
a dover non più “subire” ma “recitare” suo malgrado il ruolo di
“pubblico”, stavolta in un altro luogo i cui precisi riferimenti di
spazio e di tempo verranno progressivamente chiariti. In questa nuova
dimensione, senza rendersene conto, lo spettatore cesserà di essere tale
e comincerà a vivere dall’interno il dramma, diverrà parte integrante
del suo svolgimento e ne percepirà, perciò, ancor più nitidamente le
conseguenze emotive; si confonderà con gli attori che continueranno a
mimetizzarsi e a palesarsi senza apparente criterio; assaggerà
l’Ingiustizia avvertendone l’amaro e velenoso sapore, che gli svelerà il
retrogusto metaforico di ciò a cui sta assistendo come paradigma di
tutte le ingiustizie possibili; sarà complice del Buono o del Cattivo,
secondo una scelta che non può prevedere ma dovrà operare sul campo;
sarà divertito da un’atmosfera di festa che troverà inizialmente normale
salvo rendersi ben presto conto di essere capitato all’interno di una
vera e propria trappola; reagirà incuriosito o attonito, forse anche
divertito dall’ignoto che sta affrontando, fino al momento fatale in cui
quest’ignoto indosserà le vesti di una triste certezza.
E a quel punto la strada intrapresa diventerà senza ritorno.